(da Italia Oggi, 31 ottobre 2011)
Il governo non vuole mettere le mani nelle tasche degli italiani. Perciò il lavoro sporco lo fa fare ai sindaci. È un po' questa la piega che sta prendendo la riforma federalista. Infatti: i saldi di bilancio non si possono discutere; ma i sindaci lamentano che con i tagli ai trasferimenti non hanno più le risorse per garantire i servizi essenziali; la risposta arrivata con il decreto legislativo varato la scorsa settimana dal consiglio dei ministri è quella di sbloccare la fiscalità locale.
Da un certo punto di vista è nella logica del federalismo la sostituzione dei trasferimenti statali con l'imposizione locale, perché proprio su questa il cittadino può più facilmente esercitare il suo diritto di controllo politico (il famoso pago, vedo, voto). L'impressione è che però, in concreto, dietro i nobili principi si nasconda la più classica delle fregature: un aumento complessivo delle imposte. È infatti questa la direzione presa dal decreto legislativo appena varato, che modifica chirurgicamente quattro dei precedenti provvedimenti sul federalismo. A senso unico. Si introduce infatti il nuovo tributo comunale destinato a coprire i costi della raccolta dei rifiuti e dei servizi indivisibili (illuminazione, sicurezza ecc.), il Res; si anticipa di un anno l'entrata in vigore dell'imposta municipale sugli immobili, l'Imu, che dal 2013 prenderà il posto di numerose imposte minori, nonché dell'Ici e dell'Irpef; si prevede inoltre l'anticipo al 2013 dell'entrata in vigore della compartecipazione al gettito dei tributi erariali immobiliari e il ritorno alla compartecipazione Irpef invece che Iva, troppo sperequata dal punto di vista territoriale. A onor del vero nell'ultimo decreto sul federalismo non ci sono solo imposte, ma si prevede anche l'anticipo al 2015 dell'entrata in vigore del meccanismo dei fabbisogni standard. È il cuore della riforma, lo strumento che dovrebbe garantire la riduzione degli sprechi nella spesa pubblica, soprattutto quella sanitaria, mediante l'allineamento di tutte le regioni alle performance di quelle più virtuose. Le regioni che non ce la faranno dovranno aumentare le imposte ai propri residenti, pagando il relativo costo politico. Per i contribuenti è l'ultima speranza, ma anche un rischio di nuove imposte.
Ps: Rimane un dubbio. Ma i fondi che dal 2013 non saranno più trasferiti agli enti locali, che fine faranno?
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